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Domanda: "Cosa significa essere morti nelle colpe e nei peccati?"

Risposta:
“Egli ha vivificato anche voi, che eravate morti nei falli e nei peccati, nei quali già camminaste, seguendo il corso di questo mondo, secondo il principe della potestà dell’aria, dello spirito che al presente opera nei figli della disubbidienza” (Efesini 2:1-2). Nella sua lettera alla chiesa efesina, Paolo scrive del grande dono che Dio ha fatto loro attraverso Suo Figlio (2Corinzi 9:15). Grazie a Gesù, non solo le persone malvagie sono rese buone, ma le persone morte sono rese vive.

Quando Adamo ed Eva peccarono nel giardino dell’Eden (Genesi 3), portarono la morte fisica e spirituale nel mondo perfetto di Dio (Romani 5:12; 6:23). Nel momento in cui trasgredirono la legge di Dio, “si apersero gli occhi di ambedue e si accorsero di essere nudi” (Genesi 3:7). Per la prima volta, l’umanità assaggiò la ribellione e si accorse della differenza tra bene e male. Fino a quel momento non avevano sperimentato né il male, né la vergogna, né la colpa. Ma, con un solo boccone proibito, le loro anime e i loro corpi cominciarono a morire. Dio stesso offrì il sacrificio necessario per espiare quel peccato (Genesi 3:21) e stabilì il principio secondo il quale solo attraverso la morte di un sostituto perfetto il peccatore avrebbe potuto vivere. Questo diede inizio allo svolgimento del piano di redenzione finale di Dio, che avrebbe compiuto il sacrificio definitivo per espiare i peccati del mondo (1Giovanni 2:2; Giovanni 3:16-18).

Prima di arrenderci alla guida dello Spirito Santo, il nostro spirito è morto alle cose di Dio (Romani 8:8). Non c’è nulla di buono dentro di noi e non abbiamo il desiderio di sottometterci al nostro Creatore. Siamo spiritualmente morti e non abbiamo modo di renderci vivi. Come un cadavere non può fare nulla per risollevarsi, così noi non possiamo salvarci o fare qualcosa per purificare i nostri peccati. Non possiamo nemmeno provare il desiderio di obbedire a Dio. Siamo morti a causa del nostro peccato. I morti hanno bisogno di un salvatore che restituisca la vita. Giovanni 1:4 dice di Gesù: “In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini”.

La vita che Gesù dona non è solo la vita eterna in cielo (Giovanni 3:36; 14:2; Tito 3:7), ma anche la vita spirituale sulla terra che ci permette di vivere per lo scopo per cui ci ha creati. Il nostro spirito morto può essere paragonato a un palloncino sgonfio all’interno della nostra anima. Siamo a malapena consapevoli della sua presenza perché viviamo per noi stessi, sotto l’influenza del peccato (2Pietro 2:19; Romani 6:16). Quando rispondiamo alla chiamata dello Spirito Santo (Giovanni 6:44), allora ci pentiamo del nostro peccato ed esercitiamo la fede nel Signore Gesù (1Corinzi 12:3). Dio perdona il nostro peccato, ci accredita la giustizia di Gesù (2Corinzi 5:21) e manda lo Spirito Santo a vivere dentro di noi. La parola greca per “spirito” è pneuma, che significa “respiro” o “vento”. Al momento della conversione, il soffio di Dio riempie quel palloncino sgonfio e il nostro spirito morto prende vita. Questa nuova vita spirituale si mette all’opera, trasformandoci da cadaveri senza vita e pieni di peccati a figli di Dio pieni di vita (2Corinzi 5:17; Efesini 2:5; Giovanni 1:12).

Ogni essere umano al mondo esiste in una di queste due categorie: spiritualmente morto o spiritualmente vivo. La religione non può far rivivere un uomo morto. Le buone opere, gli sforzi e le tradizioni possono assomigliare alla vita per altre persone che sono morte, ma non hanno il potere spirituale di trasformare qualcuno dentro. Gesù Cristo ha pagato il prezzo più alto per riscattarci dalle grinfie di Satana. Il peccato distrugge, arrendersi a Cristo porta vita. Eravamo tutti morti nei nostri peccati e nelle nostre colpe, ma possiamo essere resi vivi attraverso il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore (1Pietro 1:2; Efesini 2:13).

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